• Pubblicata il
  • Autore: TRIARIO
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LUI - Bari Trasgressiva


Cap. precedenti: 17/4-9/5-11/5-16/7

Ciao cara, studi? Non ho sentito arrivare mia madre e neppure l'apettavo così presto.
Come sempre elegante, fin troppo ricercata anzi per un giorno di lavoro. Si mamma. Mi alzo dalla scrivania per abbracciarla. Me ne meraviglio e se ne meraviglia lei. Sei pallida, hai studiato tutto il giorno? Non esagerare. Basta che passi gli esami, non è necessario che tu prenda la maturità col massimo dei voti. Delle borse di studio possiamo farne a meno.
Una doccia veloce, un filo di trucco e mi vesto. Anche lei è stanca, si ritira subito dopo il suo caffè.
Posso smettere la maschera. A stento mi trattengo dal bestemmiare. Sarebbe la prima volta. In compenso, in camera mia prendo a calci il cestino della carta poggiato di fianco al tavolino che uso come scrivania. Traversa volando la stanza e sbatte contro il muro. Stronzo, stronzo e stronzo. E stronza pure io, peggio anzi. Mi son fatta rincretinire, portare a letto, ed alla fine non mi ha neppure scopata. Sono stata nel suo letto per tutta la mattinata ed un pezzo di pomeriggio, ho aperto le gambe, io che non avevo mai baciato un ragazzo, mi son lasciata toccare e...leccare tra le gambe, gli ho preso in mano il cazzo e... sono ancora vergine. Tatto, rispetto perchè sono giovane ed inesperta? No. Dobbiamo parlare mi ha detto a quel punto. Parlare? Non capivo niente, per me esistevano solo quelle braccia, le mani la sua bocca e la lingua, il dolore ai capezzoli, dolore ed eccitazione. Saltando i giri di parole. mi vuole. Mi vuole però non come amante, nè tantomeno come moglie. Non capivo. Ad un certo punto, pensando di essere spiritosa gli ho chiesto se cercasse una schiava, come nelle stronzate tipo Histoire D'O. Si, ha risposto, qualcosa di simile.
Sono rimasta basita,pensando scherzasse ho riso. Non scherzava, per niente. Ho cercato di discutere. Mi sono lasciata di nuovo rincretinire di baci carezze, ho aperto le gambe quando l'ha voluto, ma non è andato oltre. Mi sono vestita senza neppure passare dal bagno. Sulla porta voleva baciarmi. Non ho voluto. Pensaci comunque.Entro dieci giorni, per quando torno a Milano, un si od un no. Crepa! Ho risposto,tanto a bassa voce che non so se abbia sentito. La fortuna di un taxi preso al volo, a casa, la doccia, poi, rivestita da capo a piedi, come fosse stata una giornata qualsiasi ho apero i libri. Solo ora esco da quelle ore che ho trascorso seduta, girando le pagine. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Solo ora, guardando il ripiano ed il libro aperto vedo di che materia si trattase. Ho voglia di gridare, mugolo di rabbia, mi precipito in bagno chiudendo la porta. Di qui mamma non può sentire ed è un urlo che non credevo di poter emettere, sono parolaccie ed insulti mai prima proferite, a me più che a lui. Urlo fino all'esaurimento: urlo fino ad avere la voce roca, urlo fino ad avere la gola che duole.

Una settimana. Una settimana lunga una vita. Una settimana di giorni lunghi una vita.
Una settimana in cui a scuola parlo meno persino del solito. A casa studio. Vado a casa di quello che mi da ripetizioni e mi sento dire che deve smettere. Non me ne frega niente. Mamma, al telefono, si fa dire il perchè. Io non l'avevo capito. Mi ero limitata a girare sui tacchi dopo due parole di formale cortesia. Ha detto che oltretutto hai recuperato benissimo ed il suo lavoro non è più indispensabile. Mamma poi ha le sue grane, come sempre, con il C.D.A. Arriva a casa ad ore impossibili. Per me è un bene. Cosa potevo dirle? Fingere indifferenza mi costa fatica persino le due volte che ceniamo insieme. Maledetto! Maledetto anche perchè tutte le notti mi sveglio bagnata in basso. Perchè lo sogno. Cosa vuol dire appartenere ad un uomo in quel modo non lo so. Nel romanzo è una cosa, ma la realtà è necessariamente diversa. Che lo sogni poi dipende, penso almeno, dal fatto che l'accaduto è tanto distante da ogni mia esperienza ed immaginazione da avermi colpita profondamente.
Il compito in classe di greco e l'interrogazione di matematica sono andate bene.
Ormai non penso di avere più problemi a scuola, ho recuperato il tempo perso con la malattia.
Mamma è all'estero. Sabato sera. Di certo non poche delle mie compagne di classe sono fuori con i loro ragazzi od aspiranti tali. M'accorgo di aver portato la mano sinistra sotto la camicia da notte. La ritraggo di scatto. Poi, con un:al diavolo, la rimetto li. Non è la prima volta questa settimana, poi me ne vergognerò, ma non tanto e non quanto la prima o le prime volte.Ripenso a quelle ore stravolgenti, ore di autentica pazzia. Torna l'ipotesi di chiamarlo. Entro dieci giorni un si od un no, aveva detto. Metà e metà vorrei proporgli. Ma come si fa? Vado su internet. In questi giorni ho trovato parecchi siti sulla materia. Racconti, perlopiù roba da pazzi. In una chat parlo, anzi chatto con una. Mi dice che lei è felice, senza però scendere in particolari. Un'altra mi dice di non fare la scema. Mi raccomanda di porre condizioni ben precise. Non dice quali.IL telefono. Se è lui cosa dico?
Ciao cara. Ciao mamma. Ritarda di qualche giono. Torno in camera in tempo per rispondere al telefonino. Pensavo di trovare una tua risposta. Non sono passati i dieci giorni. Dopo poco mi rilasso, al telefono non può rimbambirmi. Rido quando mi chiama schiavetta. Mi rifiuto di chiamarlo padrone. Gli do del Lei, come sempre. Spero, dio santo sei pazza, spero per un attimo almeno, di raggiungerlo.

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04/08/2011 15:50

Ale

Credo di immaginare la risposta, ma aspetto di leggere la prosecuzione.

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